Quadro concettuale


 

 

Anna e Sigmund freud   Joseph Sandler   Anne Marie Sandler

 

Il nostro quadro concettuale di riferimento è la Psicoterapia Psicoanalitica così com’è andata evolvendosi all’Hampstead Clinic di Londra sotto l’iniziale direzione di Anna Freud e di cui Joseph e Anne Marie Sandler sono stati influenti collaboratori e successori.

Il pensiero psicoanalitico di Joseph e Anne Marie Sandler si fonda sui concetti di mondo rappresentazionale (J. Sandler e B. Rosenblatt, 1962), di sentimento di sicurezza (J. Sandler, 1960), di persistenza nelle funzioni e nello sviluppo psicologico (J. Sandler e W. Joffe, 1967), di attualizzazione e rispondenza di ruolo (J. Sandler, (1976a) e di relazioni d’oggetto interne (J. Sandler e A: M. Sandler, 1998).

Come ha sintetizzato Peter Fonagy (2005), “Sandler ha sviluppato una psicologia dei sentimenti, delle rappresentazioni interne e dell’adattamento che si lega in modo stretto alle condotte della coppia analitica nella situazione analitica”.

Ogni individuo costruisce degli specifici mezzi di adattamento per poter mantenere degli adeguati sentimenti di sicurezza e benessere. Quindi, anche i sintomi possono essere compresi come dei tentativi di mantenere uno stato di equilibrio psichico raggiungendo il maggior livello di tali sentimenti.

Quando tali tentativi falliscono, il paziente è spinto alla terapia.

Uno degli scopi del trattamento psicoterapeutico psicoanalitico, diventa così l’aiutare i pazienti ad accettare ciò che fino allora è stato inaccettabile: le parti infantili che fanno insorgere conflitti dolorosi.

Poiché non possiamo essere soddisfatti dall’affermazione di Freud che l’analisi mira semplicemente a rendere conscio l’inconscio o a rimpiazzare l’Es con l’Io, dichiariamo le nostre idee circa lo scopo dell’analisi. Il nostro modo d’intendere è che l’analista mira ad aiutare il paziente ad accettare, se del caso, i suoi aspetti di desiderio infantili che hanno suscitato conflitti dolorosi e che diventano minacciosi nel corso del suo sviluppo. Di conseguenza, gli analisti si cimentano nel compito di far si che il paziente sia in grado di tollerare i derivati di queste parti di sé nel suo pensiero e nelle sue fantasie consce. Per dirla in un altro modo, lo scopo analitico principale è di far sì che il paziente diventi amico delle parti in precedenza inaccettabili di sé per intrattenere buoni rapporti con le fantasie e i desideri che prima erano minacciosi. Fare ciò significa che l’analista deve assicurare, per mezzo delle sue interpretazioni e del modo in cui le porge, un’atmosfera di tolleranza di tutto ciò che è infantile, perverso e ridicolo, un’atmosfera che il paziente può rendere parte del suo atteggiamento nei confronti di se stesso, che può internalizzare insieme con la comprensione che ha raggiunto nel suo lavoro congiunto con l’analista” (Joseph e Anne Marie Sandler, 1984).

Queste affermazioni che ben rappresentano la base del pensiero sandleriano, evidenziano che l’esclusivo strumento del nostro lavoro di psicoterapeuti siamo noi e come sia indispensabile ricercare in noi stessi continuamente.

È questo che ci rende certi che la vera ricerca in psicoterapia psicoanalitica debba riguardare soprattutto il mondo interno dei terapeuti e che costituisce il nostro punto di riferimento nello studio della teoria e della pratica psicoanalitica, nelle attività di formazione e nel corso delle supervisioni dei casi clinici.

Condividendo il pensiero espresso da Sandler, riteniamo “ … inoltre di vitale importanza che la teoria psicoanalitica possa essere formulata in modo tale da permettere più larghi e intensi scambi fra gli psicoanalisti e coloro che si applicano a discipline vicine, le cui scoperte possono utilmente influenzare la psicoanalisi stessa.” (“La ricerca in Psicoanalisi” 1° vol., XVI.)

Oltre che nella psicoterapia individuale degli adulti e dei bambini, i concetti sandleriani hanno trovato applicazione clinica anche nella psicoterapia psicoanalitica della coppia e della famiglia e nella psicoterapia psicoanalitica di gruppo.